mercoledì 6 luglio 2016

750. Esempi autorevoli fomentano la violenza razzista.

Nel luglio del 2013 in un comizio della Lega Nord l'allora vicepresidente del Senato italiano Calderoli dichiarò su Kashetu Cécile Kyenge, di origine congolese, ministra della Repubblica per l'Integrazione, che vedendola non poteva non pensare a un orango. 
E il Senato decise l'assoluzione del leghista dall'accusa di diffamazione aggravata dall'odio razziale. Alla fine del 2015 il Tribunale di Bergamo ha fatto ricorso alla Corte costituzionale per annullare "l'assoluzione": «Paragonare una signora di colore a un orango non ha nulla a che vedere con l'attività parlamentare».
Già altri politici leghisti come Bosio e Borghezio avevano attaccato l'origine africana della Kyenge.
Io dico che al di là delle diatribe giudiziarie sull'impunità di un uomo politico arrogante che rivendica con orgoglio la sua padanità, e dell'eco scandalosa di quella vicenda rimbalzata in tutti gli angoli d'Italia e del mondo, si deve assolutamente dare esempio di punizioni inflessibili contro tutte le forme di discriminazione.
Questi orgogli vergognosi si riverberano nelle sottoculture, come si può dedurre da un ultimo fatto di cronaca nera, perché affrancano, legittimano e sdoganano violenze inaudite come quella successa a Fermo dei 2 ultrà di destra contro una coppia di profughi nigeriani, già scampati in patria agli ultrà islamici di Boko Haram: la donna viene insultata con epiteti come "scimmia africana" e il marito, per averla difesa, viene pestato sino al coma, per poi morire oggi in ospedale.
Io trovo inammissibile e schifoso che uomini pubblici commettano in pubblico anche solo a parole reati di discriminazione per poi farsi assolvere dagli organi parlamentari, perché finiscono scientemente per fomentare odio razziale e sentimenti suprematistici, psico-antidoti contro l'esclusione sociale e l'ignoranza!  

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