La condivisione promozionale generalista, definizione descrittiva della "pubblicità", nel corso degli anni s'è dissolta e ricoagulata, secondo molti, come seduzione occulta e categorizzata, grazie alla raccolta di dati statistici individuali e al mentalismo, tecnica che mira ad influenzare i processi mentali dell'interlocutore o dello spettatore.
Questa "nuova pubblicità" ha generato una prole di strategie di comunicazione, manipolazione, persuasione e marketing che potrebbero condurre a un reale ed esteso programma di sorveglianza di massa attuato con l'ausilio telematico di motori di ricerca e siti sociali.
In contesti molto diversi tra loro possiamo sentir usare oggi linguaggi molto affini da parte di persone che ti devono convincere d'una determinata cosa.
Li cogliamo nelle aziende, sia da parte dei capi tenuti a rassicurarti, sia nei cosiddetti progetti d'affiancamento e in quelli a breve termine, realizzati per l'incremento produttivo nel terziario, sia durante i corsi esterni obbligatorii.
Li ritroviamo in tivù, a domicilio e per telefono nelle dimostrazioni e proposte di vendita e di contratti.
Ma negli ultimi mesi li sentiamo anche tutti i giorni nella comunicazione istituzionale soprattutto da parte dell'ultima generazione sotto i 40 anni, dei politici rampanti di destra, centro e sinistra, con accenti, accoramenti e violenze diverse ma con lo stesso ingrediente di base: la tattica motivazionale impostata sulla tecnica non spontanea del doppio linguaggio verbale e corporeo, insegnata, ricercata e assorbita nell'ambito di corsi mirati all'ottenimento del consenso.
Tutto questo mi fa venire in mente che i Latini avevano il mito dell'Eloquenza, come i Greci quello della Retorica, insomma il saper parlare e ragionare, finalizzato però alla gestione della "cosa pubblica", del Diritto, della speculazione filosofica e magari pure dell'arte letteraria, ma forse mi sbaglio o sono impreciso. Ma di certo, questa nostra Neo-Eloquenza non ha altro fine che quello di speculare sull'inferiorità dell'interlocutore usando una tattica negoziale vicina alla persuasione occulta per raggiungere obbiettivi spesso personalistici e nient'affatto nobili.
In contesti molto diversi tra loro possiamo sentir usare oggi linguaggi molto affini da parte di persone che ti devono convincere d'una determinata cosa.
Li cogliamo nelle aziende, sia da parte dei capi tenuti a rassicurarti, sia nei cosiddetti progetti d'affiancamento e in quelli a breve termine, realizzati per l'incremento produttivo nel terziario, sia durante i corsi esterni obbligatorii.
Li ritroviamo in tivù, a domicilio e per telefono nelle dimostrazioni e proposte di vendita e di contratti.
Ma negli ultimi mesi li sentiamo anche tutti i giorni nella comunicazione istituzionale soprattutto da parte dell'ultima generazione sotto i 40 anni, dei politici rampanti di destra, centro e sinistra, con accenti, accoramenti e violenze diverse ma con lo stesso ingrediente di base: la tattica motivazionale impostata sulla tecnica non spontanea del doppio linguaggio verbale e corporeo, insegnata, ricercata e assorbita nell'ambito di corsi mirati all'ottenimento del consenso.
Tutto questo mi fa venire in mente che i Latini avevano il mito dell'Eloquenza, come i Greci quello della Retorica, insomma il saper parlare e ragionare, finalizzato però alla gestione della "cosa pubblica", del Diritto, della speculazione filosofica e magari pure dell'arte letteraria, ma forse mi sbaglio o sono impreciso. Ma di certo, questa nostra Neo-Eloquenza non ha altro fine che quello di speculare sull'inferiorità dell'interlocutore usando una tattica negoziale vicina alla persuasione occulta per raggiungere obbiettivi spesso personalistici e nient'affatto nobili.
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