Dopo che nelle scorse settimane il governo Monti ha indicato i nomi per vertici della Rai-tivù, il presidente del Senato Schifani, uomo del Pdl, appena appreso il dissenso del suo senatore Pdl Paolo Amato all’interno della commissione Rai, che elegge il Consiglio d’Amministrazione, batte tutti sul tempo nominando un nuovo commissario: così, rischiando addirittura la tenuta del governo, al capo S.B. resta la maggioranza sulle decisioni della tivù pubblica! Il motivo di tutto questo panico è evitare a tutta quella “compagnia del fil di ferro” di perdere il controllo culturale di quest’azienda comatosa in pre-fallimento che comunque resta il trampolino nazionale della comunicazione strategica alla base del consenso elettorale, oltretutto con un Michele Santoro appena passato a La7, dopo un periodo fortunatissimo da freelance. E io sono d’accordo con la Rangeri del Manifesto che il conflitto d’interessi sta facendo straordinari ad oltranza. Ora le 7 fette della torta CdA sono state attribuite solo a 3 forze politiche: 4 al Pdl, una al terzo polo più quelle a Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo del PD. Così, a nome degli schieramenti usurpati, c’è DiPietro che grida al golpe. Ma la lottizzazione della Rai dipende dal malcostume politico mai bonificato dal Parlamento, una sindrome contagiosa di nepotismo, contiguità d’interessi, corruzione e avidità che qui in Italia il potere riversa su chi lo raggiunge, perché la logica del denaro che compra tutto e tutti ce l’abbiamo in casa, radicata come un pozzo di petrolio, e come le mafie.
Non c'è via di scampo, Walter. Ci vuole una vera rivoluzione, forse, per cambiare questo schifo di Paese. Dobbiamo cominciarla noi, incazzati ma pacifici.
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