venerdì 17 settembre 2010

152. La strada per Broni (nota)

A me piace. E pensare che da ragazzino l'ironia tronfia del milanese medio mi si presentava ogni volta che Pavia veniva nominata: la risposta in rima era "Pòrtarùff de la Lombardia", pattumiera della Lombardia. Ritengo si partisse, e lì ci si fermasse, dalla sua nebbia, dalla sua umidità estiva e invernale, e dalle sue zanzare, queste ultime ora fastidio perenne pure a Milano. Lo snobismo "gnorante" del capoluogo di regione, già quasi metropoli, portava poi a trascurare storia e università importanti, monumenti come chiese, monasteri, ponti e mega-statua di Minerva, tutto intorno al centro storico di una città "cugina" ma minore, e anche d'aspetto più antico.
Il percorso da Milano all'Oltrepò Pavese è qualcosa non di strabiliante ma di rasserenante. In questa estate sul finire il re, nei campi, è il granturco, soprattutto già tagliato, anche re spontaneo sui cigli delle strade. Le periferie storiche di Pavia lungo la via che porta alla mia amatissima Minerva mi scorrono accanto come 2 fondali teatrali a scomparsa che conosco come le mie tasche, ed è una consuetudine edificante costeggiare il fiume in vista del ponte coperto e dei resti medievali e romani, passando sotto le fronde più o meno folte di piante molto alte, per prendere la strada per Stradella e Broni. In uscita dalla città, ancora storia ma questa volta agro-industriale, con fabbriche e capannoni dismessi o rivalorizzati, e ancora granturco o riso e cascine. Poi arriva il momento in cui so che di lì a poco imboccherò il ponte della Becca, da me sempre pensato come il ponte del Macello: affascinante, di ferro, rugginoso, lungo, maestoso che riesce ad attraversare la confluenza, pure maestosa, di Po e Ticino. Ogni volta un po' di brivido quando ci passo sopra e anche un senso di conforto perché segna i tre quarti di strada percorsa. Poi le serre, le colline, le vigne e i borghi dell'Oltrepò. Una zona così a me non fa certo pensare a un "pòrtarùff"!!

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