domenica 20 giugno 2010

115. L'Agnese va a morire: romanzo e film

L'Agnese va a morire è un romanzo neorealista scritto da Renata Viganò forse semiautobiografico, in quanto l’autrice e il marito furono attivi nella resistenza. Il romanzo, ampiamente ammannito come lettura importante e "civile" nelle scuole degli anni '60, è ambientato nella provincia di Ferrara, verso Comacchio, durante la seconda guerra mondiale negli otto mesi precedenti alla liberazione dell'Italia. Protagonista Agnese, lavandaia di mezz'età, sposata con Palita, reso debole da una malattia dell'infanzia, sempre in casa ad intrecciare vimini: per questo la moglie lavora il doppio per mantenere se stessa ed il marito, comunque politicamente impegnato e comunista. L'uomo a un certo punto viene catturato dai nazisti, ma il motivo non viene chiarito: qualche giorno dopo la sua cattura, un amico, riuscito a sfuggire ai tedeschi, ne annuncia ad Agnese la morte. Ma la lavandaia dentro di sè lo sapeva già, perché sapeva che il marito doveva essere sempre curato. Dopodiché, inizia a collaborare coi partigiani come staffetta, non essendosi mai interessata prima di politica, unica cosa assieme alla gatta che le rimane di lui. Le vive dentro l'odio profondo verso i nazisti, che amoreggiano spesso con le sue vicine di casa. Uno di loro, Kurt, dopo aver bevuto, spara per divertimento alla gatta. Agnese allora lo colpisce in testa col fucile, e credendolo morto fugge nascondendosi presso una famiglia di partigiani, e così diventa l' organizzatrice delle staffette, e la "mamma" della compagnia. Ma proprio quando gli alleati inglesi stanno per prendere il sopravvento sui nemici, Agnese viene trattenuta dai soldati tedeschi e, riconosciuta da Kurt, viene uccisa.

Giuliano Montaldo ne fece un film nel 1976, protagonista Ingrid Thulin con Massimo Girotti, Michele Placido, Ninetto Davoli, Gino Santercole, Johnny Dorelli, Stefano Sattaflores, Eleonora Giorgi, Ornella Muti.
Agnese, interpretata da una Thulin introversa e padana, nel film, invece, fa la lavandaia vicino a Lugo, in provincia di Ravenna, e vive silenziosamente accanto a Paolo Palita, pressoché immobilizzato, ma ancora indomito marxista. E quando il marito, portato via dai Tedeschi, muore sotto un bombardamento nel corso del trasferimento in Germania, Agnese si arruola segretamente come partigiana, ma dopo aver davvero ucciso un tedesco col calcio del fucile ("un colp, acsé"), si dà alla macchia con un gruppo e ne diviene nel contempo vivandiera e "mamma". Praticamente analfabeta, però Mamma Agnese dimostra equilibrio e molto buon senso. Così, via via, i compagni le affidano compiti organizzativi importanti e donne-staffette: e non di rado, alcuni casi vengono risolti in base alle sue timide osservazioni. Nell'ultimo duro inverno, un gruppo di partigiani viene tradito e sterminato da Tedeschi appostati lungo il percorso che dovrebbe portarli oltre le linee, allora Agnese disobbedisce al Capo nascondendo in casa i superstiti; rischia l'espulsione ma viene reintegrata. Mentre si avvia verso il luogo di una missione, incappa in un posto di blocco. Un ufficiale, compagno di quello da lei ucciso, la riconosce e la uccide immediatamente sul posto.

Per certi versi ricorda "La Ciociara" che De Sica trasse da Moravia, ma resta molto più asciutto: le 2 protagoniste dei 2 romanzi, poi interpretate da Loren e Thulin, sono comunque psicologicamente agli antipodi, e la grande attrice svedese nel film di Montaldo strabilia per la capacità di dar vita a una contadina italiana, così lontana dalle sue corde solite e dalle sue origini, sebbene, al momento delle riprese, vivesse da anni in Italia.
Tutti gli attori sono all'altezza dei ruoli e il film rimane una pietra miliare, un po' trascurata, del nostro cinema: commovente, politico, popolare, ma non strappalacrime.

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