Ugo Tognazzi nel 1979 diresse "I viaggiatori della sera", per me grande film, rivisto di recente, che le televisioni programmano alle 2 di notte. Da vedere assolutamente ora che oltretutto ne è uscito il dvd. Adoro fin dalla sua uscita questa storia apparentemente semplicistica, e all'epoca me ne affascinò l'ambientazione quasi fantascientifica, ma italiana, e il significato politicoide. Trovo che il futuro apparentemente prossimo che fa da sfondo la accomuni a quella di Fahrenheit 451. In comune anche la persecuzione strisciante e mediaticamente manipolata di una determinata classe di persone, che nel film di Truffaut è indirizzata verso i libri scritti e, appunto, i loro lettori, mentre in quello di Tognazzi verso la gente di mezza età che vien fatta sparire durante una vacanza-pensione forzata. Simili anche le società ipotetiche dei due film: i seguaci dei due regimi risultano essere tutti patinati, indottrinati e spietatamente inflessibili rispetto alle regole e all'informazione univoca e narcotizzante. Mentre Truffaut veste la storia di Bradbury di poesia, di immagini suggestive e di una morale positiva, Tognazzi condisce quella di Simonetta con dialoghi e riprese da commedia all'italiana, con qualche sprazzo all'Antonioni, con un finale senza speranze, o quasi.
Nello stesso anno la goliardia di Tognazzi raggiunge il culmine quando accetta d'essere fotografato ammanettato da finti poliziotti, in uno dei più clamorosi scherzi mediatici della storia italiana, burla predisposta da Il Male, con Il Giorno, La Stampa e Paese Sera che "uscirono" con finti titoli che annunciavano l'arresto dell'attore, in quanto capo ("grande vecchio") delle famigerate Brigate Rosse.
E a novembre dello stesso anno, parlando del suo film "i viaggiatori della sera" dichiarò all'Europeo di non aver voluto parlare di una lotta tra generazioni. "Io e la Vanoni nel film siamo due giovani di oggi, vestiamo Fiorucci e ci esprimiamo nel gergo dei ragazzi, ma ci capita di compiere cinquant’anni in una società diversa da quella attuale, in cui lo sviluppo ha dimostrato tutti i suoi limiti. Quindi il potere ha deciso che bisogna spremere al massimo gli uomini nel momento in cui hanno più energie da spendere ed eliminarli quando potrebbero cominciare a riposarsi sugli allori: tutto è razionalizzato e disumanizzato al massimo, ma il potere, accortamente, si è messo una maschera rassicurante, quella dei giovani. Io ho cercato di fare, e non so se ci sono riuscito, un film contro l’assurdità del potere, i suoi abusi commessi nel nome di un’idea e sempre ai danni di una minoranza. Io sono cresciuto nel fascismo, quando gli ebrei venivano trattati molto peggio dei cinquantenni del mio film. Oggi dopo il caos, come mi pare che avvenga di solito, potrebbe arrivare un potere nuovo dal volto giovane e razionale, micidiale nella sua perfezione. Probabilmente nessuno lo chiamerebbe fascismo".
Oggi nessuno vuol parlare di fascismo? Ma io parlo di Tognazzi come di un grande del cinema, che col suo provincialismo intellettuale è diventato sia un'icona al di là delle etichette di genere, sia una maschera malleabile in grado di spaziare entro una gamma di personaggi che mai ai tempi del duo con Vianello ci si sarebbe aspettati: "I viaggiatori della sera", con una Vanoni strepitosamente naturale e ombrosa, è classificato come "drammatico" e lui ci guadagnò la palma d'oro a Cannes per l'interpretazione.
Nello stesso anno la goliardia di Tognazzi raggiunge il culmine quando accetta d'essere fotografato ammanettato da finti poliziotti, in uno dei più clamorosi scherzi mediatici della storia italiana, burla predisposta da Il Male, con Il Giorno, La Stampa e Paese Sera che "uscirono" con finti titoli che annunciavano l'arresto dell'attore, in quanto capo ("grande vecchio") delle famigerate Brigate Rosse.
E a novembre dello stesso anno, parlando del suo film "i viaggiatori della sera" dichiarò all'Europeo di non aver voluto parlare di una lotta tra generazioni. "Io e la Vanoni nel film siamo due giovani di oggi, vestiamo Fiorucci e ci esprimiamo nel gergo dei ragazzi, ma ci capita di compiere cinquant’anni in una società diversa da quella attuale, in cui lo sviluppo ha dimostrato tutti i suoi limiti. Quindi il potere ha deciso che bisogna spremere al massimo gli uomini nel momento in cui hanno più energie da spendere ed eliminarli quando potrebbero cominciare a riposarsi sugli allori: tutto è razionalizzato e disumanizzato al massimo, ma il potere, accortamente, si è messo una maschera rassicurante, quella dei giovani. Io ho cercato di fare, e non so se ci sono riuscito, un film contro l’assurdità del potere, i suoi abusi commessi nel nome di un’idea e sempre ai danni di una minoranza. Io sono cresciuto nel fascismo, quando gli ebrei venivano trattati molto peggio dei cinquantenni del mio film. Oggi dopo il caos, come mi pare che avvenga di solito, potrebbe arrivare un potere nuovo dal volto giovane e razionale, micidiale nella sua perfezione. Probabilmente nessuno lo chiamerebbe fascismo".
Oggi nessuno vuol parlare di fascismo? Ma io parlo di Tognazzi come di un grande del cinema, che col suo provincialismo intellettuale è diventato sia un'icona al di là delle etichette di genere, sia una maschera malleabile in grado di spaziare entro una gamma di personaggi che mai ai tempi del duo con Vianello ci si sarebbe aspettati: "I viaggiatori della sera", con una Vanoni strepitosamente naturale e ombrosa, è classificato come "drammatico" e lui ci guadagnò la palma d'oro a Cannes per l'interpretazione.
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