sabato 1 agosto 2009

011. UN RIONE FUORI PORTA VOLTA (nota)


Questo rione di Milano ha di sicuro perso tante caratteristiche che aveva durante la mia infanzia, ma nelle grandi città nulla si cristallizza anche se, di molti posti, troppa gente vorrebbe ricordi omogenei, lineari, e rassicuranti.
Già da piccolissimo a Genova la mia personale immaginazione portata naturalmente alla contaminazione positiva mi faceva viaggiare in un crogiuolo esotico di persone, lingue e abitudini diverse: e ne avevo solo sentito storie e visto poche immagini.
Quando a sette anni, nel '63 capitai in questa nuova città, con compagni di scuola che mi canzonavano per la mia provenienza, in un quartiere con una visibilissima comunità cinese, per me fu un incanto e un disincanto: volli andare presto a tutti i costi nell'unico ristorante cinese allora in attività.
In quegli anni era la zona, popolare e commerciale, dei pellettieri, italiani e cinesi, e questi ultimi erano approdati lì ai primi del novecento facendo i cravattai e i cinturai ambulanti, quando era, come tutti i rioni "fuori porta", una periferia.
Soprattutto pugliesi erano i numerosi ortolani, retaggio commerciale degli antichi piccoli orti, in virtù dei quali il vecchio nome di via Paolo Sarpi era stato "Borgo dei Cipollai".
Tutto il quartiere era punteggiato dalle caratteristiche botteghe di combustibili per cucina e riscaldamento, tutte gestite da liguri, ed era ancora funzionante il bel mulino pubblico interno a una corte, ora edificio storico, che era stato costruito chissà quando lungo la roggia Marianella, che aveva lo stesso tracciato dell'odierna via Lomazzo: proprio qui c'è anche una chiesetta medievale con minuscolo sagrato, nata in mezzo agli orti d'un tempo, che, persa la sua funzione originaria e comunque sconsacrata e pesantemente rimaneggiata, negli anni è diventata sede dell'Esercito della Salvezza, studio d'artista, studio di posa e, in ultimo, bar serale.
Diverse rovine di case bombardate, i muri perimetrali con finestre e balconi murati, erano una bella fonte d'immaginazione per i bimbi: quelle ad oggi visibili, sono un deposito di materiale edilizio, un ristorantino con giardino, e il cortile della caserma dei pompieri.
C'era un solo piccolo grande magazzino con annesso supermercato, e due mercati coperti, tanti gli alimentari specializzati, diverse le cartolerie, le tintorie, le mercerie e le drogherie.
C'era invece un'ampia scelta di trattorie toscane: solo una pugliese e nessuna lombarda.
Tanti appunto erano i negozi e i laboratori di pelletteria, solo qualche boutique, diversi barbieri e parrucchiere, allora ancora rigidamente distinti, le officine e gli arrotini, mentre nei bar-tabacchi fumosi, molto diffusi, si potevano mangiare solo tost e brioche.
Noi consideravamo i limiti topografici del nostro quartiere piazza Baiamonti, dove c'è Porta Volta, e piazza Gramsci, come lunghezza, e via Procaccini e via Canonica come larghezza: proprio via Canonica, ancora a cavallo tra Ottocento e Novecento, pare costituisse dall'Arena fino a Pero un unico tracciato abitativo.
Negli anni '60 la popolazione, pochi i cinesi che subito si notavano, era rappresentata da una maggioranza di lombardi, emiliani e veneti, oltre che da una nutrita minoranza di pugliesi e altri italiani del sud.
Già allora si sentiva un razzismo strisciante che però, grazie al "moralismo di sinistra", veniva espresso con pudore.
Ma chissà com'era l'atmosfera prima dell'ultima guerra e, per esempio, a fine '800? Saran stati i contadini delle campagne milanesi che si inurbavano, a venir discriminati e poi bresciani, bergamaschi e veneti.
Il razzismo e lo sciovinismo sono tratti comuni a quasi tutte le società umane, quasi istinto di conservazione da parte degli adulti, e i bambini imparano presto ma può succedere per fortuna che se ne stacchino, quasi per vocazione individuale.
A Porta Volta ora le attività cinesi sono preponderanti, e servono tutti i gruppi sociali e etnici, ma ritengo ci siano più cinesi di quanti se ne notino in giro, e il grosso problema è di sicuro la clandestinità senza controllo e lo sfruttamento concomitante: la corruzione operata da loro organizzazioni mafiose rispetto alla nostra burocrazia potrebbe essere la causa.
Qui a Chinatown, tutte le altre etnie straniere sono attive di solito in ambiti circoscritti: dal subcontinente indiano portinai e giardinieri, dalle Filippine e dal Sudamerica personale di servizio, dai paesi slavi in massa le badanti, da Romania e Albania lavoratori edili, da Turchia e paesi arabi panificatori, pizzaioli e ristoratori, e dal Brasile davvero un po' di tutto. 
Milanesi e italiani ci sono sempre e si lamentano degli altri, ma l'hanno sempre fatto.
Ed ora sento uscire tali lamentele, non solo nel mio rione, da bocche di mulatti, neri, arabi e orientali, tutti di nazionalià e lingua italiana.
Il tessuto sociale e etnico è mutato, e i negozi italiani, tra cui ancora tre librerie, e qualche bar, sono pochissimi, ma il quartiere è ora pieno di supermarket, minimarket, internetpoint, sartorie, pizzerie, ristoranti cinogiapponesi: un singalese, un francese, due kebab, trattorie prevalentemente meridionali e finalmente un'osteria lombarda, sono la nostra dotazione d'esotismo culinario.
Sempre di più vedo la scambievole frequentazione tra clientele diverse e rispettivi negozi. Solo sgominare corruzione e concussione migliorerebbe Porta Volta: non i divieti, le proteste anticinesi e gli atteggiamenti razzisti.
Una nostra farmacia da tempo ha al banco una farmacista cinese bilingue, in orario prestabilito, a disposizione di cinesi che non parlano italiano, operando un'integrazione culturale ed economica molto vantaggiosa, visto che così i nuovi immigrati non sono più obbligati a frequentare le erboristerie cinesi, spesso dannose perché non professionali: in tempi recenti alcune coprivano ambulatori clandestini per cinesi.
La gente dovrebbe riflettere sul fatto che questa città, nel corso dei secoli, ha integrato, in maniere e velocità differenti, etruschi e celti, romani e longobardi, spagnoli, francesi, austriaci.
Milanesi e altri italiani sono il risultato di strati, sostrati, e invasioni diversissime e anche in questo caso l'integrazione è naturale, come innaturali sarebbero invece segregazione, espulsione e incarceramento perché corrispondono a un bieco primato sciovinista che si vorrebbe far valere a tutti i costi!

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