sabato 12 marzo 2011

231. "Cabaret" - 1972

Un pilastro del cinema mondiale, diretto, e non solo, da Bob Fosse. 
Berlino, all'epoca della repubblica di Weimar, mentre il conflitto politico tormenta la società tedesca, con l’economia distrutta e milioni di disoccupati: Sally, cantante americana dalla faccia fanciullesca, s'innamora di 2 uomini mentre il partito Nazista sale al potere, senza che nessuno di loro presti particolare attenzione alla cosa. Brian, studente dell'Università di Cambridge intende completare i suoi studi di tedesco guadagnandosi da vivere insegnando inglese in una pensione dove diventa amico di un'altra pensionante, Sally, appunto. Saranno tutti e 2 sedotti da Max, ricco playboy, che li copre di regali ed attenzioni. Quasi alla fine Sally rimane incinta e Brian s'offre di sposarla. Tutti i personaggi sono legati al Kit-Kat Klub, locale notturno dove Sally si esibisce. Liza Minnelli impersona l'esuberante Sally, che condivide la scena decadente del cabaret col “Presentatore”, interpretato da un perfetto Joel Grey, che pare al corrente della vita di tutti. 
Sally porta Brian, che ha la faccia di Michael York, nel suo mondo, volendo fare di lui uno dei suoi tanti amanti, salvo poi scoprirlo omosessuale, anche se casto. Del loro giro fanno anche parte altri 2 studenti di Brian: Fritz Wendel, povero cripto-ebreo, che fa il gigolò e lì conosce appunto l’ereditiera Natalia Landauer, rigida, bellissima ed ebrea. Fritz vorrebbe vedere Natalia solo come libretto degli assegni, ma se ne innamora, e alla fine si svela e si sposano. Sally, in ultimo, torna a casa senza la pelliccia, regalo di Max, e Brian comprende che se l'è venduta per abortire. Max con una scusa li liquida con una lettera e alcune banconote, ma senza aver fatto insieme il viaggio favoloso che avevano programmato.
La struttura di questo film è mirabile e perfetta perché pur essendo un musical non ha nulla di operettistico: tutte le canzoni in scena e quelle ascoltate come sottofondo, suonate da un grammofono o cantate da un coro sono contraltari ironici o esplicativi delle varie situazioni che si sgranano nella storia. Tanto per intenderci, nessuno dice "ti amo" alla fidanzata cantandoglielo. Il brano-guida esprime la filosofia della storia, "la vita è un cabaret". La sceneggiatura e i dialoghi sono assolutamente realistici, spiritosi e mai banali. Qui, tutti gli interpreti che mi è capitato di "inseguire" e riconoscere, sono secondo me al massimo delle loro capacità: forse solo Michael York ha interpretato altri personaggi alla pari di quello di Brian. Diciamo che questo film e i suoi attori sono una ricetta perfetta! La Minnelli non è mai più stata così convincente come attrice, Joel Grey, forse anche per la sua faccia così caratterizzata, non è mai più stato così protagonista: con una parte di contorno, in quanto non interloquisce con nessuno al di fuori del cabaret, è riuscito ad essere protagonista. Marisa Berenson, bravissima come bella statuina altera, ha forse fatto il bis in "Barry Lyndon". Anche Max, Fritz, la padrona della pensione, i colleghi del cabaret, la musica, i paesaggi, gli interni, le coreografie, tutto è strutturalmente ineccepibile ed entusiasmante. E visto in inglese, si deve riconoscere che il doppiaggio e i dialoghi italiani hanno reso perfettamente onore all'originale, che si prese comunque 8 oscar e tanti altri premi e candidature. 
Una vera colonna del cinema moderno, da ricercare, godere e rivedere: incredibilmente è un film che non mi annoia mai, e come me la pensano in tantissimi.

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